LOUIS-FERDINAND CÉLINE – PANTOMIMA PER UN’ALTRA VOLTA (FÉERIE POUR UNE AUTRE FOIS) – Ristampa

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LOUIS-FERDINAND CÉLINE – PANTOMIMA PER UN’ALTRA VOLTA (FÉERIE POUR UNE AUTRE FOIS)-

EINAUDI – Collana ET Scrittori – 2011

LOUIS-FERDINAND CÉLINE – PANTOMIMA PER UN’ALTRA VOLTA 
(FÉERIE POUR UNE AUTRE FOIS I)
Traduzione di Giuseppe Guglielmi
Féerie pour une autre fois I (Pantomima per un’altra volta)
è il primo volume di un dittico male accolto da critica e pubblico fin
dalla sua uscita (1952 e 1954). Eppure la scrittura di Céline raggiunge
vette inarrivabili proprio nelle pagine di questi volumi. Come spiegare
allora l’incomprensione? A nostro avviso il “flop” è dovuto ai due piani
di scrittura presenti nel libro. In questo primo volume infatti,
purtroppo, su 192 pagine almeno 130 sono prese dal vittimismo, dal
rancore e dall’odio dell’autore per la sua condizione. Céline si
presenta degradato fisicamente e spiritualmente, preannuncia vendetta,
se la prende con tutti, anche con i lettori, scrivendo pagine monotone e
sterili. Soltanto 60 pagine circa sono invece di pura narrazione
onirica, visionaria, superlativa, di Célinismo allo stato puro. Le
ultime 55 pagine (escluse le ultimissime 10 in cui riprende il
vittimismo e l’attacco ai nemici) sono eccezionali, ricordano alcuni
episodi di Morte a Credito e forse li superano in bellezza. Ci riferiamo
ovviamente all’episodio Ferdinand-Jules-Arlette…
PANTOMIMA PER UN’ALTRA VOLTA
(Agli animali, ai malati, ai prigionieri)
Fine di maggio 1944. Presso la
casa studio di Ferdinand Céline giungono Clemence Arlon e il figlio
Pierre. Sono amici di vecchia data del dottore. Il marito di Clemence,
Marcel, era stato in guerra con lui. Ora è un gollista. Che cosa
vogliono? Ma è naturale! Dopo gli annunci di radio Londra vengono a
visitare quelle che potrebbero diventare le loro proprietà dopo la
partenza dell’amico. Fanno sciacallaggio, come già fatto ai suoi danni
in passato. È una continua processione di gente che viene a spiarlo, di
cannibali che pregustano la sua morte. Tutti lo odiano.
 Io sono va da sé il noto
venduto traditore fellone che sono per assassinare, domani…
dopodomani… fra otto giorni… Questo li affascina di sbieco, il
traditore…
(p.5)
Con la fuga verso la Baltavia
ecco che tutti i suoi beni, compresi quelli dell’adorata madre, sono
sequestrati, pignorati, fatti sparire, inclusi 7 manoscritti…
Ricorda
tutto dall’infernale cella baltava dove è stato rinchiuso. Si difende
strenuamente, è vittima di maligne dicerie. A lui piacciono solo la
danza e le ballerine.
E poi un debole per le
ballerine! o ben poco dell’impiccato per me! sdondolante rigido! Le
ragazzine che mi piace veder danzare, cosi rosa, tutto vigore, agilità,
musica! questi equilibri! oh spiriti folletti! Polpacci, cosce, sorrisi,
saettanti vita! che ti mozza il fiato! Gioia e gioia!
(p.25)
Il vittimismo impregna tutte
queste pagine, lancia i ricordi della fanciullezza, della madre, di
esser invalido e decorato di guerra, di aver subito il saccheggio di
beni e manoscritti, di esser stato ingiustamente incarcerato in Baltavia
(dove è deriso dal funzionario francese negro Hortensia), afflitto
dalla pellagra, implorante per un clistere ogni 15 giorni, disturbato
dagli altri reclusi, condannato, imprigionato, perseguitato dal fisco.
Gli era stata tenuta nascosta perfino la morte della madre.
Tutto è arrivato cosi in un
modo… lei ha mai saputo che fine avevo fatto… le porterei un vaso di
margherite… era il suo fiore la margherita… Marguerite Louise
Celine Guillou… È morta di dolore di me e di sfinimento di sforzo del
cuore… palpitazioni, inquietudini… di tutto quello che «si»
diceva… pensate la gente dell’Avenue de Clichy!… le panchine. ..
l’opinione pubblica!…
(p.51)
Ma
se il lettore comprerà Féerie, al di là di quello che scriverà la
critica e della sleale concorrenza del cinema, allora si che potrà
rimettersi in sesto, guarire gli occhi, visitare i malati in bicicletta,
sano sport per far rinascere un vecchietto.
La critica farà a pezzi la
mia opera? Nessuna importanza!… Cadrà nel silenzio?… Ancora meno!…
hanno talmente vomitato il peggio odio che potevano da tanti di quei
mesi giorni ogni minuto che hanno come le ghiandole del veleno
seccate… E dire che vorrei che secernano e come! centuplo!…
torrenti!… è l’odio che mi tiene sul flutto! che flutti d’odio
facciano rumore o no, voga mia barca! l’essenziale che qua butti, butti!
È la malvagità che mi compera! la più attaccata testarda invincibile
cliente del mondo!… il coccococco delle pazze stronze di odio:
lomè!… di ste assassine con pugnali! granate! curari! e morbinose e
storiose e smaniose di balere!… grandi magazzini! locali
saffistici!…
– Va letto in camicia di forza! Flagello pubblico! denunciamolo!
denunciamolo! shock! cardiazòl! isolamento! Ah lo adoriamo! ah, lo
ammazziamo! inghioghiottiamo! succhiamo! lo compriamo!

Dunque degli svitati, svitate! quello che mi ci vuole! ma il Cinema? Ah,
altra storia! Ah, ladro, e guardia! Minotauro degli Antri! chi è che si
sbafa i nostri lettori? Chi ce l’avvolge, pompa, inghiottisce? «Tutto
Film! » Già i settimanali, sti mostri delle edicole, ci mezzo divoravano
spudoratamente i babbei sognatori, «Tutto Film» dà il colpo di grazia!

Cervelli, portamoneta!

L’ipnotizzatore delle caverne!… tepore, madore, felpa, seghe, organi, ori!…

La concorrenza!

(p.89)

A trovarlo, in prigione, ci andavano solo l’eroica moglie Arlette e il gatto Bébert.

 

Lei ha trovato solo che uno
strafondo di granaio… Bébert tossisce, lei tossisce… aspetta il
martedì, la visita… viene a trovarmi con Bébert… sette minuti…
Bébert dentro una sporta… Ah bisogna no che si muova!… l’immobilità
completa… la guardia sluma…
(p.94)
Il
vicino di cella sbatte continuamente la testa contro il muro, ma non se
la rompe mica mai. Lui è costretto a sopportare le sue grida, quelle
degli altri detenuti, a scrivere al buio guerciandosi, costretto a
implorare un clistere ogni 15 giorni per andare in bagno…
I ricordi si susseguono nel monologo, tra vittimismo e insulti per i compatrioti e i detrattori…
Eccoci finalmente alle ultime pagine del libro. Sono le più belle. Pagine di inarrivabile letteratura. Célinismo puro.
A Parigi Ferdinand Céline fa il
medico. Vive con la moglie Arlette che dà lezioni di danza. È odiato da
tutti e come amico ha un ex-commilitone, Jules. Questi fa lo scultore,
ed è un laido mutilato alle gambe che gira con un cassetta a punta,
insultando i clienti e importunando le ragazze e le ballerine di
Arlette. È anche alcolizzato, infido, bugiardo, capace di mangiarsi
colori e vernici. Ma soprattutto pervertito, amante delle tubercolotiche
e delle ballerine…
Lo scandalo era troppo
forte… mica li a discutere!… scappare! scappare!… Ah, era il
carattere abbietto! e tutto gioioso di essere abominevole… e spugna di
assenzio! e ingollatore di rosso come nessuno!… certi catarri vinosi:
delle ore!… oltre a tutto quello che succhiava di veleni!… Vernici,
colori, paste allo zinco… Stordito, leccava di tutto!… Si sbagliava
di collo prendeva la benzina per del bianco!… Vero da vero! il palato
distrutto, i colori, le gomme!… Mi sono occupato una volta delle
intossicazioni da colori… non un animale da esperimento che avrebbe
retto quel che succhiava il Jules!… Per giunta, si mangiava le unghie!
(p. 147-148)
Era vizioso, gli piacevano le tubercolotiche[…] (p.152)
Poteva
piagnucolare sudicio tronco! Va bene aveva la sua disgrazia, riconosco!
riconosco!… aveva un bisogno di carezze… bene! ma dove mi urtava
posso dirlo, lo dico è che quando andava in calore era no per una bella
cicciosa!… no! per una di quelle li cosi graziose, pimpanti, perfette!
no! era per una loffia, una tossicosa!… una giusto dimessa
dall’ospedale, manco guarita… Ah là, allora mi stomacava! me medico,
anatomista, igienista! feticista del muscolo! questo mi riguardava no,
si capisce! ma mi stomacava!
Vedete se si era diversi di gusti!

(p. 158)I due sono come cane e gatto…

Qua, nel mio buco, io
rifletto! È questo la prigione: riflettere… Potrei avere dei ricordi
pungenti… Ah, ce ne ho!… ce ne ho!… ma questione Jules? ci
ripenso, ci ripenso!… Sono mica sicuro che mi odiava… m’invidiava
ecco! Certo!… e del peggio odio certi momenti… mi avrebbe
divorato… mi detestava, e tutto di me… la mia medaglia! i miei
occhi! il mio « 7°»! e Arlette dunque! e le sue ballerine! doveva
proprio sabotarle il Corso… depravarle le allieve… dalla sua
finestra là, il suo becco, spiava l’ora…
– Psss! Psss!

… che attraversino da lui… che non salgano…

– Per di qui! per di qui, signorine! Ci ho delle caramelle!… Ci ho dei
dolci! Ci ho delle sigarette col bocchino d’oro! Ci ho delle Valences!
Ci ho del caffè! Voi siete stanche, bimbe! Siete stanche!

Loro attraversavano venivano a parlargli.

– Due parole!… due parole!

(p.161)

Jules amava Arlette, sua moglie. Gli aerei sorvolano la città, Jules
molesta Arlette che però lo lascia fare. La folla gli impedisce di
raggiungerli…

Basta di ste
strafarfugliaggini idiote! Volevo arrivare ad Arlette! Scosto tre
persone… se ne ricompattano dodici!… venti!… cento!… Guardo per
disotto… ancora!… lo vedo il Jules! nel sesso di Lili! abbrancato li
tra le sue cosce! Stanno Jules Lili rinserrati ho detto dalla gente,
compatti!… Lei dritta in piedi… lui nella sua gondola..
. (p. 165)
La folla ondeggia e finalmente
li separa. Jules capitombola nel suo studio. Ferdinand lo raggiunge. Lo
storpio gli chiede di lasciargli Arlette e, di fatto, lo obbliga a farlo
con la minaccia di denunciarlo come collaboratore dei tedeschi.
Ferdinand è così costretto a subire la vista di Arlette che si diverte a
posare per Jules. È evidente che i due sono complici… Quando però lo
storpio le fa aprire le gambe, Ferdinand non ci vede più, afferra un
ferro e vorrebbe spaccargli la testa. Arlette lo vede e i due complici
iniziano a ridere di lui facendolo desistere. Ormai becco, è messo alla
porta. Viene richiamato, cacciato ancora via. L’allarme aereo è in
funzione… Ferdinand è stordito, vomita in strada…
La superlativa narrazione dell’episodio Jules-Ferdinand-Arlette si interrompe qui. Le ultime 10 pagine sono una nuova polemica.

 

Mi lasciano proprio crepare! Tutti
d’accordo! Culo in pus, più denti, cieco, sordo! la Corrida è tutto
quello che vogliono! Il traditore servente ai pali, il Giuda in capo
impalato e poi lacerato minuto fino! Ammetteranno neanche, troppo
vigliacchi! Io voglio i loro nomi le promozioni i loro gradi di sadici,
le loro assicurazioni, le aliquote, tutto in lettere d’oro, in pieno
granito, in Sainte-Chapelle! Come trattano gli eroi, che odio ci
mettono! che vendetta! Loro tutto coperti di rendite e d’oro! Il debole
li eccita! Vogliono che lui urli! Io urlo! Rantolo! debole! Urlerò nella
Sainte-Chapelle! Martin Ciborio urla mica lui! incassa tutti i suoi
gettoni Gram e Bròme senza urlare! Consegna dei motori senza urlare,
prova nessuna piccola vergogna! solo orgogli! La Corte Ultima neppure
bleffa, manda alla ruota gli eroi del ’14 senza battere ciglio! Quelli
che hanno messo assieme dei miliardi durante l’Occupazione non urlano!
Aspettano l’altra guerra la prossima! Hanno avuto pellicce di cincillà!
già! Si guardano il fondo del retto, si riuniscono in circoli apposta,
per confrontarsi i gonfiori! «Ci fa sangue a lei? Non sanguina?» Tutto è
pronto per la prossima guerra! Le loro relazioni, i loro mandati, i
loro deputati salariati, le loro sentenze in bianco di Alta Corte! I
loro elicotteri! Le loro Odi! Tengono seduta, guadagnano, condannano! Mi
hanno tutto preso a me! la camicia! la pelle! gli anni!… la mia
virilità! io rizzo più!… tutto è partito con la pellagra!
(pp.177-178)
Oh, ma scriverò, io, pieno di
odio, vendicherò tutti quanti, qua culo incollato, i loro nomi storici
incisi oro… in Sainte-Chapelle!… il potere di scrittore cosi debole!
debole poeta, più debole che mai! Attenzione grossi Ercoli in toghe! Vi
farò scrivere i vostri nomi in oro! Loro mi hanno cassato la mia
Amnistia, trovato che avevo no sofferto non abbastanza sofferto, sputato
il sangue!…
(pp. 179-180)
Non voglio che la morte mi venga dagli uomini, mentono troppo! mi darebbero mai l’Infinito! (p. 185)

Attacca anche i lettori spilorci e superficiali…

Io vi trovo un altro
terribile difetto: l’avarizia innata… ripassate i libri agli amici…
risultato sfogliate i poeti, loro possono crepare!… Oh ci ho già la
voglia di morire… ma non per voi! Voglia per Bébert,
Testa-di-Cavolfiore, Valby, gatti selvatici, e per Sarah la mia gatta
sacra e per gli animali della fattoria… Il mio stile vi urta?
(P.186)
Io
ricapitolo… condenso… è lo stile «Digest»… la gente ha solo
appena il tempo di leggere trenta pagine… sembra! tutt’al più!… è la
necessità! scazzano sedici ore su ventiquattro, dormono, copulano il
resto, come avrebbero il tempo di leggere cento pagine? e di fare cacca,
mi scordavo! in più e il cancro che si cercano nel buco, testa alla
rovescia, acrobati? «Caro buco! Caro buco! » e quelli che si onanizzano
in più! che si vedono abbracciare delle lascive, che si fanno male al
sangue! ore e ore! nel buio dei cine! si rovinano in tintorie di brache!
dietro a dei fantasmi di vampire, morte già da vent’anni, che riescono
dagli Antri, bagnati, sconvolti! l’autobus li carica loro sanno più!
(P.187)

… e con l’editore…

Le «Ennerreffe» mi martellano,
vogliono tre… quattro tomi! e musica! dalla mia povera capoccia
scheggiata! vogliono in più un «Digest»!… una «Constellation»
piccante!… cinquecentocinquanta pagine in trenta righe.
– Mi metta il « Voyage» in venti parole!… con foto!

Io
abbrevio tutto! Accorcio! Mirate il crimine! Bisognerebbe essere
Vauvenargues, La Bruyère, l’ammiratore vuole venticinque righe e pin-up e
cosciali nylon! color carne! Ecco qua i gusti!
(P.189)
Il resto della storia in Féerie II