JUNICHIRO TANIZAKI – STORIA DI TOMODA E MATSUNAGA

JUNICHIRO TANIZAKI – STORIA DI TOMODA E MATSUNAGA
MARSILIO – I ED OTTOBRE 1994

TRADUZIONE: ELISABETTA PROCCHIESCHI

A CURA DI: Adriana Boscaro

1 p. 7

Uno scrittore, F. K., riceve il 25 agosto 1920 una lunga ed elegante lettera scritta all’antica, missiva indirizzatagli da tale signora Shige, moglie di Matsunaga Gisuke. La riporta per intero…
Shige scrive di non essersi mai incontrata con lui, narrandogli tuttavia la propria esistenza… Si è sposata con Matsunaga nel 1905, trasferendosi con quell’ereditiere a vivere nella di lui villa ubicata nel villaggio di Yagyu, nella provincia di Yamato. Dopo sei mesi di perfetta armonia, la morte della madre cambia Matsunaga, che inizia a diventare duro e intrattabile perfino con lei, con periodiche fughe per svago nelle città di Kyoto e Osaka. L’anno seguente (1906), nonostante lei fosse incinta e tutti i parenti avessero tentato di farlo desistere, l’uomo parte dichiarando di recarsi all’esterno per uno o due anni… E così, per anni, non ha più sue notizie crescendo da sola la figlia Taeko. Ma al quarto anno dalla partenza, ecco il ritorno di Matsunaga che, però, appare non in buone condizioni di salute, finendo per ammalarsi di un grave esaurimento nervoso nel giro di poco tempo… Nella primavera del 1912, perfettamente guarito, nuovamente riparte dicendole di non preoccuparsi e di non cercarlo, ricomparendo solo nell’autunno del 1915 nuovamente in pessime condizioni fisiche… Ma la storia si ripete e, guarito perfettamente, nell’estate del 1917 riparte…
Questo è il terzo anno dalla sua ultima partenza ed è quindi probabile che ritorni. Nonostante i tentativi di tutti i parenti, non si è mai saputo dove si recasse durante tali assenze. Taeko è però malata di pleurite e continuamente chiede di lui… Lei si è permessa di scrivere dopo aver trovato, prima dell’ultima partenza del marito, una cartolina indirizzata da lui, lo scrittore F. K., al sig. Tomoda Ginzo di Tokyo nella di lui borsa, unitamente a foto sconce di donne occidentali e a un anello… Qualora conosca Matsunaga o anche solo tale Tomoda, lo prega di girargli quanto scritto nella lettera…

Ultimata la lettura della lettera, l’uomo osserva con attenzione la foto allegatavi, ma i lineamenti di Matsunaga gli risultano sconosciuti. Conosce invece Tomoda, un mero compagne di bevute del quale riconosce l’anello e al quale è possibile abbia inviato una cartolina al Café Liberté. Insieme frequentavano anche i bordelli, il Casa Dieci in particolare, quello di donne bianche alle quali l’amico scattava foto. Di lui non sa però altro. Alcune voci lo ritenevano proprietario del Casa Dieci. Nel 1920 entrambi i locali erano già stati chiusi, ma Tomoda ha continuato a incontrarlo in due altri locali identici, il Café Plaisantin e la Casa Ventisette, con la quale sembrava in rapporti similari a quelli intrattenuti con la Dieci. In effetti, inoltre, tra la chiusura dei primi e l’apertura dei secondi, per tre o quattro anni di Tomoda aveva perso le tracce… Crea una tabella dalla quale i periodi di assenza di Tomoda sembrano coincidere con quelli dei ritorni a casa di Matsunaga e viceversa…

“[…]a intervalli approssimativi di circa quattro anni, quando Matsunaga Gisuke era al suo paese natale non si sapeva dove fosse Tomoda Ginzo; quando Tomoda Ginzo appariva a Tokyo e a Yokohama non si sapeva dove fosse Matsunaga Gisuke.[…]
A questo punto tutti si saranno resi conto che forse l’uomo chiamato Tomoda Ginzo e quello di nome Matsunaga Gisuke sono la stessa persona”. (p. 26)

Eppure il loro aspetto e il loro carattere sono così differenti. Grasso e gioviale Tomoda, magro e malinconico Matsunaga…

“Eppure, anche supponendo che fosse così, guardando quella vecchia fotografia ritoccata qua e là, non solo ho la sensazione che Matsunaga Gisuke e Tomoda Ginzo non si somiglino, ma al contrario mi pare che le differenze tra loro siano notevoli”. (p. 26)
“Tomoda è un uomo grasso, grasso in modo quasi anormale; il Matsunaga ritratto in questa foto è alto e snello. […]
I due sono gli estremi opposti: uno allegro e pieno di vita, uno triste e malinconico”. (p. 27)

Per risolvere il mistero, non gli resta che recarsi la sera nei due locali in cerca di Tomoda…

“[…]la cosa migliore era di mettersi alla ricerca di Tomoda” (p. 28)

2 p. 19

Al Plaisaintin, Tomoda non è ancora arrivato e così lo scrittore, nell’attesa,
beve raffinati alcolici e riflette sull’amico che davvero conosce ben poco in profondità. Ma, poco dopo, ecco il grassoccio Tomoda fare il proprio ingresso nel locale. Parlano un po’, poi Tomoda tira fuori la foto di una bella prostituta portoghese appena arrivata. Lo scrittore gliene mostra una a sua volta: quella della famiglia di Matsunaga. Tomoda sbianca, cambia espressione e si fa rancoroso. Beve assenzio, come volesse ubriacarsi ancor di più. Dichiara di non conoscere Matsunaga, ma riconosce come suoi gli oggetti rinvenuti da Shige, a suo dire contenuti in una borsa rubatagli. Quindi Matsunaga potrebbe essere una ladro. Ma Tomoda non vuole che il suo indirizzo venga comunicato a Shige, affermando di volergli far avere foto da spedire alla donna per dimostrare che non sono la stessa persona. Durante la conversazione Tomoda si mostra inquieto e, ripetutamente, osserva con apprensione la foto dei Matsunaga. Alle undici decidono di lasciare il locale. Camminando, non parlano e lo scrittore conclude che quantomeno deve essere in qualche rapporto con Matsunaga. A Shinbashi, Tomoda lo saluta di fretta per recarsi in stazione…
Due giorni dopo, tre fotografie scattate all’uopo da Tomoda giungono allo scrittore, che nota subito l’assenza dell’anello. L’amico gli chiede inoltre di rivelare il meno possibile a Shige. Ma K., che ha ormai preso a cuore la faccenda, invia le foto a Shige, allegandovi una lunga e dettagliata lettera. La risposta è sorprendente: la donna ritiene infatti che in qualche modo il marito e Tomoda si somiglino, pregandolo di continuare a indagare e di comunicare all’amico che la figlia di Matsunaga sta sempre peggio…

3 p. 49

Il 1 o 2 settembre lo scrittore, F. K., riesce a incontrare nuovamente Tomoda nella Casa Ventisette, ove si era recato con la scusa di conoscere la nuova intrattenitrice portoghese. Sono loro gli unici clienti e Tomoda, abitué, beve e balla senza sosta… Ma sembra farlo per mascherare il disagio dovuto al suo arrivo. Lo scrittore riesce comunque a parlargli di Shige e dei suoi sospetti: si conoscono?, di lui non sa in effetti nulla, per anni sparisce dalla circolazione in concomitanza con il ritorno di Matsunaga, non vuole che si dica nulla a Shige… Le ragazze, stanche di sentirli parlare in giapponese, troncano la loro agitata e alterata conversazione giocando con gli interruttori della luce…

4 p. 65

Di Tomoda non ha più notizie e la Casa Ventisette viene chiusa poco dopo il loro ultimo incontro. L’uomo è probabilmente entrato nel suo terzo periodo di scomparsa, proprio mentre Shige informa lo scrittore del ritorno a casa di Matsunaga. Gli invia altre lettere descrivendo i comportamenti del marito, identici a quelli dei ritorni precedenti…
Nel 1922, venuta a sapere di un suo soggiorno a quindici km da casa, Shige gli chiede di potersi incontrare di persona. Lui l’accontenta, ma Matsunaga e Tomoda sono palesemente due distinte persone…

5 p. 75

Tomoda incontra K e gli rivela i suoi rapporti con Matsunaga… Costretto a sposarsi nel 1905 con Shige, appena dopo la laurea, l’uomo rivela di averlo fatto controvoglia e di aver sempre serbato in sé la voglia di divertirsi, di sperimentare i piaceri della città. Ma le geisha non gli bastano presto più e, alla morte della madre, libero da qualsivoglia vincolo, inizia a condurre una dissoluta vita alla occidentale tra donne e alcol, trasferendosi anche a Parigi. Provava disprezzo per la limitante cultura orientale e i suoi gusti, arrivando a sentirsi infelice di essere nato in un “paese giallo”. Così, nel 1906, eccolo in quella che riteneva la sua terra promessa: Parigi. Lì ogni giorno di bagordi viene portato all’estremo, quasi in cerca di una decadente morte, con il nome fittizio di Jacques Moran. Dopo un anno e mezzo è onorato di constatare che quella vita ha modificato completamente non solo il suo carattere, ma anche il suo aspetto fisico, al punto da renderlo irriconoscibile a un suo vecchio compagno d’università… Ora grasso e rubicondo invece di magro e tetro. “Avevo finito col trasformarmi in un altro”. (p. 82) Ma i vizi iniziano a sortire i loro mali effetti, con la comparsa di vertigini, palpitazioni e attacchi di panico… La sua gioia si trasforma dunque in malessere e, sempre più insistentemente, inizia a provare nostalgia per casa e per gli usi e costumi nipponici… “L’occidente mi sembrava solo appariscente, dissoluto e frivolo”. (p. 92)
E così, dando ascolto alla sempre più insistente e potente voce interiore, Matsunaga riparte per il Giappone. E, nel 1908, lo ha incontrato per la prima volta al Café Konosu, ma con lo pseudonimo di Tomoda Ginzo! Matsunaga e Tomoda sono pertanto la stessa persona!… Girati vari centri termali per la cura dell’esaurimento nervoso, perfino una vita da monaco zen sembra non sortire effetti. Ma, guardandosi allo specchio, un giorno scopre di aver riassunto le fattezze di Matsunaga. Colto da enorme nostalgia per la famiglia abbandonata, sicuro di potervi trovare conforto facendovi ritorno, eccolo nuovamente da Shige. Ma, quattro anni dopo, una nuova insofferenza lo porta a nuova partenza nel 1912. Ma, con soli duemila yen, si trasferisce a Shangai dove di lui s’innamora un’americana. Grazie a lei diviene un mantenuto e magnaccia, sfruttando la prostituzione di donne bianche. Con i soldi risparmiati nel 1913 ha acquistato la Casa Dieci. Di lì in avanti ogni quattro anni il solito mutamento psicofisico che lo porta a vestire ora i panni di Matsunaga, ora quelli di Tomoda… Ha lasciato a portata di Shige la borsa di Tomoda, e si recava nei caffé proprio affinché uno scrittore potesse un giorno ascoltare la sua storia e scriverne… Non sa quanto ancora potrà andare avanti con le trasformazioni. Ma per ora è Tomoda e continuerà a vivere con il suo corpo e il suo carattere per altri anni prima di tornare ad essere Matsunaga…

NOTA
Di Adriana Boscaro p. 109